E’ tornata

E’ tornata

É voluta tornare, nonostante se ne fosse andata l’ultima volta accompagnata dagli scongiuri dell’intero equipaggio (maschile). Tutti i maschietti avrebbero giurato che quella donna portava sfiga: nei suoi 15 gg. di permanenza a bordo troppi erano i guai accumulati tutti insieme.
Ho accettato che tornasse perché accompagnata da un bel fustone che si dichiarava molto navigato. Avrebbe annullato la sfiga adesa a quella donna.
La vediamo arrivare con due ombrelli, una tunica verde, un asciugacapelli,un aspirabricciole a 220volt, un ferro da stiro, un set completo per manicure e pedicure, un casco di banane per il suo fabbisogno giornaliero di potassio. Tutti elementi che i marinai da tempo associano alle maggiori disgrazie a bordo.
Purtroppo devo anch’io, inizialmente incredulo, confermare le millenarie superstizioni legate a tali indizi. Ah, dimenticavo, dovemmo anche partire di venerdì.
Avendola dovuta aspettare qualche giorno, l’opera viva della barca si ricopriva di denti di cane e mucillagini. Era già di cattivo aupicio. Ho consumato due bombole per ripulire lo scafo in immersione.
Il dissalatore, appena revisionato dalla ditta costruttice va in avaria il primo giorno. Nella prima settimana l’avvolgifiocco si rompe due volte. Il miscelatore della doccia di poppa improvvisamente viene sputato fuori dal suo alloggiamento. Il teck della coperta appena rifatto va a liquefarsi. Salta una presa a 12 volt.
In compenso la donna si riscattava in cucina. La sua specialità: pollo arrosto con peperonata senza peperoni.
Il disastro più grosso si preannunciava all’orizzonte. L’avevo incaricata, improvvidamente, a riempire il serbatoio d’acqua di prua. Lo riempiva tanto da farlo scoppiare e riversare tutto il contenuto nei gavoni, anche in quello contenente il motore elettrico dell’elica di prua che risultava subito fulminato. Una notte insonne al pensiero di quante migliaia di Euro mi sarebbe costato quel danno che sembrava irreparabile. Nella mia disperazione permisi che “quella donna” sottoponesse la delicata strumentazione ad un singolare trattamento. Per una notte intera lasciò acceso il suo prezioso phon (supersonico e digitale) nel vano dell’elica di prua (Bow-thruster).
La mattina dopo avremmo dovunto divincolarci da un ormeggio  che risultava imprigionato tra smisurati “ferri da stiro” in una marina con pontili tra loro paurosamente ravvicinati. Impartisco all’equipaggio le istruzioni per tentare il disormeggio che sembrava disperato senza l’ausilio dell’elica di prua.
Accendo il motore. Appena partito, in automatico, attivo anche l’elica di prua che, incredibilmente, sento subito funzionare.
D’ora in poi, contravvenendo ai miei principi, raccomanderò alle signore che saliranno a bordo di equipaggiarsi dei loro più potenti asciugacapelli.

Comments are closed