L’INQUINAMENTO MI HA VERAMENTE ROTTO…IL TIMONE

L’INQUINAMENTO MI HA VERAMENTE ROTTO…IL TIMONE

Le Sporadi si sono vendicate. Ho scritto, imprudentemente, che per me sono state una mezza delusione. Forse per questo una di loro, Spopelos, me l’ha fatta pagare. Ed a Skopelos ho preso il più grosso “skopelotto” della mia storia marinara, tanto che mi fatto gridare “Mamma mia”. Ero proprio in prossimità della  chiesetta sullo scoglio in cui è stata fatta una ripresa del film omonimo che ha determinata la fortuna turistica delle Sporadi.
Un ammasso di ferraglia e di legnami sul mare mi ha sbarrato improvvisamente il passaggio e la pala del timone è andata in frantumi (tutta la vetroresina sbricciolata). Sono rientrato nel porto più vicino timonando con i resti di poliuretano rimasto adeso allo scheletro metallico del timone.
Per arrivare ad Atene, dove mi avrebbero ricostruito il timone definitivo (il quarto), ho provveduto prima in proprio, poi con l’aiuto di qualche carpentiere locale, a costruire, in successione, ben tre timoni di fortuna.
Il primo, autocostruito in tre giorni di lavoro subacqueo a Skiathos, era costituito di due lastre di plexigas imbullonate e fissate con lunghi cavi d’acciao. Non ha resistito alla prima robusta virata. Il secondo, costruito nottetempo  da un volenteroso carpentiere di Loutraki con una robusta lamiera d’acciaio, è stato prima saldato poi montato ed imbullonato in immersione sullo scheletro del timone. Ci ha permesso d’arrivare a Volos, il porto più vicino (a 40miglia) in cui si potesse alare la barca.
Qui il lavoro sulla pala del timone in acciao è stato completato e migliorato, con la barca in secca, da un altro carpentiere, secondo le indicazioni precise sulla sua sagoma e sue misure originarie, che nel frattempo m’ero fatto inviare  dal cantiere costruttore.
Ero talmente soddisfatto del lavoro, dopo il suo collaudo in mare, che comunicavo alla Società Assicuratrice di poter con questo timone arrivare fino a Trieste. Comunque ci ha fatto arrivare in sicurezza ad Atene passando all’interno dell’Isola di Eubea (230 miglia).
Ad Atene il perito dell’assicurazione e l’assicurazione stessa non hanno sentito ragioni, mi hanno impedito di proseguire e mi hanno costretto a provvedere immediatamente ed in loco alla ricostruzione definitiva del timone in vetroresina. Cosa che devo dire essere avvenuta con la massima tempestività (tre giorni).
Il mare ormai è veramente sporco tale rendere pericolosa la navigazione notturna, ma anche quella diurna soprattutto se costiera.
Comunque ora la mia imbarcazione ha un organo di governo dell’ultima generazione ed ha ripreso a percorrere a ritroso le mille e più miglia per tornare a casa.
Anzi la farò più lunga.
Rinunciando alla scorciatoia del Canale di Corinto, circumnavigherò il Peloponneso da sudest per sudovest. Sono ora in prossimità del primo dei tre ditoni del Peloponneso, il Capo Maleas che mandò alla deriva Ulisse per vent’anni.
Spero di non dover ripercorrere tutte le sue disgrazie…io ho gia avute le mie.
P.S.  E Capo Maleas ha colpito ancora. Passati indenni il Capo dei Capi ci fermiamo nella baia…caraibica di Elafonisos. Una sbirciatina sott’acqua per rimirare il nostro nuovo timone e mi accorgo che la pala si sta aprendo in due. L’Odissea del timone non è ancora finita.
Ritornano in forza le maestranze da Atene per rimediare al guaio (di costruzione).
Si riparte verso il secondo dito del Peloponneso, arriviamo finalmente a Porto Gaio. Allora: “Tristezza, per favore va via”

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